giovedì 30 maggio 2013

Cantine aperte 2013 - Re Manfredi, una cantina nell'antica Terra dei Re

Venosa 26 Maggio 2013


Dal 1993, l’ultima domenica di maggio, le cantine socie del Movimento Turismo del Vino aprono le loro porte al pubblico, favorendo un contatto diretto con gli appassionati di vino.
Protagonisti di Cantine Aperte sono giovani, comitive e coppie, che contribuiscono ad animare le innumerevoli iniziative di cultura gastronomica ed artistica che fioriscono attorno all’evento in tutto il Paese, su iniziativa degli stessi vignaioli.
Domenica 26 maggio 2013 nell’antica città di Venosa celebre per aver dato i Natali al poeta latino Orazio, decine di enoturisti si sono dati appuntamento per visitare la cantina Terra degli Svevi una cantina giovane di recente costituzione che nasce nel 1998 quando Giv (Gruppo italiano vini) azienda leader in Italia per la commercializzazione di vino di qualità, la rileva da una nobile famiglia che possedeva terreni e immobili a Venosa.


La cantina conta una superficie vitata di 120 ettari di cui 80 coltivati ad Aglianico, il possente vitigno re del Vulture, diversificati per impianto ed età delle viti, la restante superficie invece è coltivata a Traminer aromatico e Müller-Thurgau, frutto di un esperimento davvero ben riuscito grazie alle forti escursioni termiche giornaliere che arricchiscono le uve di aromi primari e al terreno vulcanico che dona un’incredibile mineralità al vino.
La cantina è davvero ben organizzata per l’evento, ha previsto infatti una braciata di carne locale, i famosi pezzenti (le salsicce di polmone) per gli avventori più affamati e un piccolo mercatino di prodotti locali.
A guidare le degustazioni di vino vi era l’enologo aziendale e gli amici dell’A.I.S. Basilicata che con grande maestria hanno saputo indirizzare anche le persone meno esperte nell’apprezzare al meglio le caratteristiche di ogni vino proposto. In vetrina vi erano tutti i prodotti azienadali ad inziare dal bianco e a finire col cru di aglianico pluripremiato.Tutti i vini mi hanno sorpreso per il grande rigore tecnico con cui vengono prodotti e da conoscenze enologiche all’avanguardia.
Il bianco un blend di Traminer aromatico al 30% e Müller-Thurgau al 70 %, restituisce pienamente le potenzialità di questi due vitigni, d’impatto subito i sentori aromatici del traminer: rosa, salvia, rosmarino e dopo sul finale il corpo del Müller-Thurgau, un bianco sorprendente che non ha nulla da invidiare ai suoi cugini altoatesini, patria d’elezione del gewurtztraminer, se non per un’acidità un po’ più bassa che li rendono meno bevibili degli alter ego!



 Andando avanti ci è stato presentato un rosato d’Aglianico, il cosiddetto vino di una notte, perché la macerazione delle bucce da cui si estraggono le sostanze coloranti avviene durante l’arco di una sola notte per evitare l’estrazione di sostanze indesiderate quali i tannini, è vinificato con la tecnica del “salasso” che consiste semplicemente nella separazione di una percentuale di mosto che viene separatamente concentrato e poi aggiunto alla rimanente parte, questa tecnica cede al vino un contenuto zuccherino maggiore che si trasforma in alcool e lo rende ancora più morbido, concedendogli un aroma più intenso e complesso.
L’Aglianico “taglio del tralcio”, un rosso diverso dai soliti aglianici, più morbido e alcolico, grazie al parziale appassimento delle uve su pianta, dovuta al taglio del tralcio a frutto che lo arricchisce di zuccheri e di aromi, ancora il Manfredi Rosso 2009, un aglianico in purezza vinificato in acciaio e invecchiato per 12-18 mesi in barriques di secondo e terzo passaggio.

Infine la punta di diamante della produzione, il cru “Serpara”, un aglianico del Vulture Doc riserva 2007, vinificato in purezza da uve provenienti da un piccolo appezzamento di 6 ettari nel comune di Maschito vicino Venosa. Un vino che mi ha emozionato e fatto capire pienamente le potenzialità dell’Aglianico Del Vulture, rosso rubino tendente al granato, consistente, in bocca caldo, morbido, pieno, tannini ben addomesticati grazie all’uso sapiente di barriques di primo e secondo passaggio dove vi sosta 18-24 mesi per levigare l’irruenta presenza di questi ultimi che danno al vino quello sgradevole gusto amaro e quel senso di astringenza, un vino caratterizzato da un abuona acidità fissa che ti invoglia ad un nuovo assaggio, e da una buona sapidità, insomma un vino pluripremiato e un baluardo dell’Aglianico del Vulture nel mondo, da veri intenditori!
Che dire di più fantastica giornata, fantastica azienda, ottimo vino!





venerdì 10 maggio 2013

Luca Martini: vi presento il nuovo “re” del vino mondiale




Luca Martini, il neo eletto, miglior sommelier del Mondo, al concorso WSA, si racconta in esclusiva ad Impatto.
Appena uscito da un grande palcoscenico: cosa ha provato dopo il trionfo? a chi è andato il primo pensiero?
Ho provato una forte emozione. Un senso di stranezza e gioia, miscelate assieme. La testa ha iniziato ad andare veloce cercava di impegnarsi a mettere assieme vita e programmi reali con quelli futuri, poi mi sono detto goditi questo momento e li è iniziata la festa!
Il primo pensiero è andato a Camilla, mia figlia: perché dalle vittorie mie e di mia moglie possa solo prendere il meglio e non portarsi dietro il peso di due genitori di successo. In modo tale da trovare stimoli e tenacia per il fantastico viaggio della vita.
Il vino è sempre vita e passione, cosa ci trova lei nel vino? Cosa è per lei il vino?
Nel vino ci trovo un complice, un compagno di viaggio, il blu, l’infinito: dove vedo l’inizio e non vedo la fine! Il colore è classico come classico è per me il sedersi a tavola con una bottiglia di vino. Il vino è quadrato: un insieme di punti che si chiudono in una figura geometrica perfetta. Ogni angolo rappresenta una sfaccettatura gustativa che messa al suo posto ci porta alla perfezione visiva.
Il vino è classico come la musica che ha bisogno di tutti gli strumenti per formare l’orchestra.
Un gruppo – come ogni vino – suona sempre musiche diverse ma quando è grande ha bisogno che tutti gli strumenti possano essere lì pronti, in sinfonia.
Quest’anno il fatturato del vino in Italia è stato eccellente ed anche il Vinitaly ha avuto un buon seguito. Secondo Lei, il mercato del vino può fare da traino all’intera economia del paese?
Secondo me no! Però può essere idealmente una delle tante attività di aiuto all’economia italiana.
Può essere da traino solo dal punto di vista psicologico, nel senso che può divenire un vero ambasciatore del Made in Italy, sia in Italia che nel mondo.
Le statistiche dicono che i giovani italiani si allontanano sempre di più dal vino per rivolgersi ad altre bevande come la birra. Questa tendenza ci porterà ad avere un giorno solo ottimi sommelier e pochi consumatori?
Queste sono le statistiche? Se questo fosse vero dovremmo essere noi a riavvicinare i giovani, con consapevolezza e rispetto. Ma soprattutto dovremmo riaccendere la curiosità dei giovani e questo è un problema basilare in questo periodo storico!
Insomma meno web e più vita empirica! più Vigna! (sorride n.d.r.)
Dopo il trionfo quali sono i progetti nel breve futuro? Tempo di vacanze?
Vacanza? sospensione di un attività per il riposo?
Non è il nostro caso! Progetti tanti sia a breve che a lungo termine! Il primo è l’apertura di un nuovo ristorante in provincia di Varese … per giugno … Ma non chiedetemi il nome! State attenti ai social network e a breve lo scoprirete.
Indaghiamo nel suo mestiere: quale vino ci consiglia?
Per la mia personalità oggi vi offrirei sicuramente un vino elegante , con un colore rosso vivo, un gusto caldo ed avvolgente, brioso e vibrante al gusto, di grande territorialità! … da buon toscano un grande Sangiovese!
Un ultimo spunto personale in massima libertà, senza domanda…
Penso che nella vita ci vogliano molte cose tra cui: testardaggine, volontà, una piccola dose di presunzione, studio e un pizzico di irresponsabilità. Tutto questo è ciò che ci permette di salire sul treno della fortuna quando ci passa davanti. E’ tutto ciò di cui non sappiamo, e dovremmo sapere.
Ci fa un saluto “spumeggiante” ai nostri giovani lettori?
Come dice il mio socio …ALEGHER!!!!

Posted by Guglielmo Pulcini, direttore de "L'Impatto settimanale"

Paolo Basso il campione del mondo dei sommelier



Paolo Basso, il neo eletto, miglior sommelier del Mondo, si racconta in esclusiva ad Impatto.
Lei è abituato a grandi palcoscenici, cosa ha provato a Tokyo? E a chi è andato il primo pensiero?
Ovviamente è stata una grande emozione in quanto erano un po’ di anni che inseguivo questo titolo. La prima volta che mi classificai al secondo posto è stato nel 2000, quindi insomma, erano tredici anni che rincorrevo questo trionfo. Una grande emozione amplificata soprattutto dall’ambiente. In Giappone vi è un grande seguito per il nostro mestiere e per il vino, basti pensare che nella sala della finale vi erano 4.000 spettatori ed eravamo in diretta sulla televisione di Stato. E questo è un grande gesto di amore per il vino e per la gastronomia da parte del popolo nipponico.
Il primo pensiero ovviamente l’ho rivolto alla mia famiglia, che era lì con me. Solo grazie a loro sono riuscito a fare quel che ho fatto, perché per prepararmi a questa competizione, ho dovuto sottrarre energie, tempo e finanze soprattutto a loro. Quindi è stata una grande felicità per me, potergli regalare questo titolo.
Il vino è sempre vita e passione, cosa ci trova lei nel vino? Cosa è per lei il vino?
Per me il vino è un prodotto molto legato alla natura anche se qualche ingegnere ed enologo potrebbe avere da ridire su questa affermazione. Io però amo il vino che è legato alla natura e trovo fantastico che ogni anno la vigna fiorisce, germoglia, cresce e da’ il frutto che poi diviene vino.
Il vino è un prodotto alimentare capace poi anche di invecchiare per molti anni, nei migliori casi.
Un prodotto – per me – ancora un po’ misterioso ed allo stesso tempo eccezionale, che porta avanti nel tempo la capacità e la maestria dell’uomo di coltivare una vigna e di trasformare il suo frutto in bevanda.
Quindi è veramente molto seducente nel suo insieme, il vino. Guardo dunque sempre alla natura, ai vini di qualità, e non ai vini tecnologici costruiti così dal nulla.
Lei lavora in Svizzera, però quest’anno il fatturato del vino in Italia è stato eccellente ed anche il Vinitaly ha avuto un buon seguito. Secondo Lei, il mercato del vino può fare da traino all’intera economia del paese?
Assolutamente sì, ci sono altri paesi che hanno puntato molto sull’enoturismo, ed anche in Italia oggi si inizia a puntare su questo. Anche se, come al solito, nel nostro Paese tutto va a rilento per una eccessiva burocrazia.
Quando invece, specialmente se si parla di quote di mercato, bisognerebbe darsi una mossa e cercare di fare tutto e subito.
Noi, in Italia, abbiamo un patrimonio incredibile. Gente da tutto il mondo, ce lo ammira, ce lo invidia! Tutti vorrebbero essere al posto nostro, e noi invece che siamo qui, ce lo lasciamo sfilare dalle mani perdendo tempo. E questo è veramente un peccato.
Abbiamo un potenziale incredibile per il nostro agroalimentare, ce lo ammirano e ce lo copiano e quindi lo dovremmo valorizzare. OIltre perché, non so tra poco cosa altro l’Italia potrà produrre. Noi abbiamo questa grande fortuna, questa grande chance, non bisogna sprecarla. Il nostro agroalimentare è il più performante al mondo ed abbiamo anche un Paese fantastico dal punto di vista culturale: fra un po’ avremmo solo questo da vendere sarebbe quindi meglio metterlo in valore come si deve.
Le statistiche dicono che i giovani italiani si allontanano sempre di più dal vino per rivolgersi ad altre bevande come la birra. Questa tendenza ci porterà ad avere un giorno solo ottimi sommelier e pochi consumatori?
Questo allontanamento dal vino lo inquadro anche sotto l’ottica dello sfaldamento sociale della famiglia. Quando penso al vino penso a qualcosa che vi era al centro tavola di tutte le famiglie tradizionali che si riunivano felicemente la domenica a mezzogiorno. Se la famiglia tradizionale italiana è venuta a mancare, anche l’educazione legata al consumo del vino e alla figura della famiglia è venuta meno. È quindi un problema profondo. Oggi però ci sono anche tanti vini semplici in commercio, vini che si avvicinano di più ai gusti dei giovani e che li distraggono da altre bevande come la birra o l’alcol top. In questa ottica questi vini tecnologici – che a me personalmente non piacciono – sono utili perché sono vini avvolgenti, “piacioni”, e si lasciano bene anche dai più giovani. Giovani che poi con l’andar del tempo possono interessarsi anche a vini più importanti. Sotto questo profilo poi anche i wine bar stanno facendo un grosso lavoro, introducendo soprattutto il servizio a calice.
Ovviamente il consumo così ingente di vino che si faceva 30 anni fa, non è più proponibile. Di contro poi ci sono anche tante lobby di salutisti che combattono i prodotti che se assunti in misura ingente possono creare problemi fisici. Quindi penso che sia necessario introdurre una educazione alimentare ed agroalimentare all’interno delle scuole che comprenda anche tutto ciò che è legato al mondo del vino.
Dopo il trionfo quali sono i progetti nel breve futuro? Tempo di vacanze?
Le vacanze le ho già fatte nei sei giorni susseguenti alla premiazione con la mia famiglia a Tokyo. Quando sono tornato dal concorso in Italia invece ho trovato tanto lavoro arretrato, che non ho potuto svolgere per prepararmi al meglio alla competizione. Allo stesso tempo poi devo anche far fronte alle tante sollecitazioni mediatiche che sto ricevendo. Fortunatamente ho l’età e la maturità adatta per poter gestire e valutare a meglio tutte queste nuove proposte. Però tutto sommato grandi progetti per il breve futuro non ce ne sono.
Indaghiamo nel suo mestiere: quale vino ci consiglia?
Nel mio sito internet potete trovare la mia selezione di vini, quindi non ho segreti (sorride n.d.r.). Ovviamente io consiglio e amo i vini di carattere, i vini tradizionali.
Anche io per un periodo mi sono lasciato sedurre da quei vini di cui parlavo prima, i vini piacioni tecnologici, molto facili. Ma poi sono tornato ai vini che in degustazione senza mangiare possono apparire più spigolosi e meno seducenti di quei morbidoni, rotondoni. Vini tradizionali, classici, che però serviti in tavola in abbinamento con piatti fanno la loro bella figura. Io non mi lascio sedurre dal primo sorso, vado a scavarlo in profondità il vino, e cerco sempre il vino che è capace di stare a tavola. Quello è il vino che mi piace, sia da consumatore che da sommelier! In questa ultima veste tendo a consigliare i vini che si abbinano bene ai piatti, e mentre qualche anno fa molti ci lasciavamo affascinare da queste bombe enologiche che stupivano; alla fine poi ci si è resi conto che questi vini non ce la facevano a stare a tavola, dopo il secondo sorso il consumatore era già stanco. Quindi vi suggerisco tipologie di vini classici, tradizionali però con carattere, personalità, ben fatti e ovviamente prodotti senza metodi antiquati o difetti.
Un ultimo spunto personale…
Ultimamente leggevo che alcuni degustatori hanno provato dei vini in cartone e non sono riusciti a capire che era vino in cartone di qualità molto di base. Bisogna sempre degustare alla ceca, per evitare il pregiudizio.
Però bisogna degustare non alla ceca per concentrarsi solo sulla ricerca di che vino è. In quanto perche quello, in generale, l’etichetta ci fornisce tutte le informazione. Ma quando si degusta alla ceca, bisogna cercare di capire la sua qualità del vino, quest’ultima purtroppo l’etichetta non ce la identifica. Capire ed apprezzare le qualità del vino è un elemento necessario per un buon degustatore.

Posted by Guglielmo Pulcini, direttore de "L'Impatto settimanale"