venerdì 10 maggio 2013

Paolo Basso il campione del mondo dei sommelier



Paolo Basso, il neo eletto, miglior sommelier del Mondo, si racconta in esclusiva ad Impatto.
Lei è abituato a grandi palcoscenici, cosa ha provato a Tokyo? E a chi è andato il primo pensiero?
Ovviamente è stata una grande emozione in quanto erano un po’ di anni che inseguivo questo titolo. La prima volta che mi classificai al secondo posto è stato nel 2000, quindi insomma, erano tredici anni che rincorrevo questo trionfo. Una grande emozione amplificata soprattutto dall’ambiente. In Giappone vi è un grande seguito per il nostro mestiere e per il vino, basti pensare che nella sala della finale vi erano 4.000 spettatori ed eravamo in diretta sulla televisione di Stato. E questo è un grande gesto di amore per il vino e per la gastronomia da parte del popolo nipponico.
Il primo pensiero ovviamente l’ho rivolto alla mia famiglia, che era lì con me. Solo grazie a loro sono riuscito a fare quel che ho fatto, perché per prepararmi a questa competizione, ho dovuto sottrarre energie, tempo e finanze soprattutto a loro. Quindi è stata una grande felicità per me, potergli regalare questo titolo.
Il vino è sempre vita e passione, cosa ci trova lei nel vino? Cosa è per lei il vino?
Per me il vino è un prodotto molto legato alla natura anche se qualche ingegnere ed enologo potrebbe avere da ridire su questa affermazione. Io però amo il vino che è legato alla natura e trovo fantastico che ogni anno la vigna fiorisce, germoglia, cresce e da’ il frutto che poi diviene vino.
Il vino è un prodotto alimentare capace poi anche di invecchiare per molti anni, nei migliori casi.
Un prodotto – per me – ancora un po’ misterioso ed allo stesso tempo eccezionale, che porta avanti nel tempo la capacità e la maestria dell’uomo di coltivare una vigna e di trasformare il suo frutto in bevanda.
Quindi è veramente molto seducente nel suo insieme, il vino. Guardo dunque sempre alla natura, ai vini di qualità, e non ai vini tecnologici costruiti così dal nulla.
Lei lavora in Svizzera, però quest’anno il fatturato del vino in Italia è stato eccellente ed anche il Vinitaly ha avuto un buon seguito. Secondo Lei, il mercato del vino può fare da traino all’intera economia del paese?
Assolutamente sì, ci sono altri paesi che hanno puntato molto sull’enoturismo, ed anche in Italia oggi si inizia a puntare su questo. Anche se, come al solito, nel nostro Paese tutto va a rilento per una eccessiva burocrazia.
Quando invece, specialmente se si parla di quote di mercato, bisognerebbe darsi una mossa e cercare di fare tutto e subito.
Noi, in Italia, abbiamo un patrimonio incredibile. Gente da tutto il mondo, ce lo ammira, ce lo invidia! Tutti vorrebbero essere al posto nostro, e noi invece che siamo qui, ce lo lasciamo sfilare dalle mani perdendo tempo. E questo è veramente un peccato.
Abbiamo un potenziale incredibile per il nostro agroalimentare, ce lo ammirano e ce lo copiano e quindi lo dovremmo valorizzare. OIltre perché, non so tra poco cosa altro l’Italia potrà produrre. Noi abbiamo questa grande fortuna, questa grande chance, non bisogna sprecarla. Il nostro agroalimentare è il più performante al mondo ed abbiamo anche un Paese fantastico dal punto di vista culturale: fra un po’ avremmo solo questo da vendere sarebbe quindi meglio metterlo in valore come si deve.
Le statistiche dicono che i giovani italiani si allontanano sempre di più dal vino per rivolgersi ad altre bevande come la birra. Questa tendenza ci porterà ad avere un giorno solo ottimi sommelier e pochi consumatori?
Questo allontanamento dal vino lo inquadro anche sotto l’ottica dello sfaldamento sociale della famiglia. Quando penso al vino penso a qualcosa che vi era al centro tavola di tutte le famiglie tradizionali che si riunivano felicemente la domenica a mezzogiorno. Se la famiglia tradizionale italiana è venuta a mancare, anche l’educazione legata al consumo del vino e alla figura della famiglia è venuta meno. È quindi un problema profondo. Oggi però ci sono anche tanti vini semplici in commercio, vini che si avvicinano di più ai gusti dei giovani e che li distraggono da altre bevande come la birra o l’alcol top. In questa ottica questi vini tecnologici – che a me personalmente non piacciono – sono utili perché sono vini avvolgenti, “piacioni”, e si lasciano bene anche dai più giovani. Giovani che poi con l’andar del tempo possono interessarsi anche a vini più importanti. Sotto questo profilo poi anche i wine bar stanno facendo un grosso lavoro, introducendo soprattutto il servizio a calice.
Ovviamente il consumo così ingente di vino che si faceva 30 anni fa, non è più proponibile. Di contro poi ci sono anche tante lobby di salutisti che combattono i prodotti che se assunti in misura ingente possono creare problemi fisici. Quindi penso che sia necessario introdurre una educazione alimentare ed agroalimentare all’interno delle scuole che comprenda anche tutto ciò che è legato al mondo del vino.
Dopo il trionfo quali sono i progetti nel breve futuro? Tempo di vacanze?
Le vacanze le ho già fatte nei sei giorni susseguenti alla premiazione con la mia famiglia a Tokyo. Quando sono tornato dal concorso in Italia invece ho trovato tanto lavoro arretrato, che non ho potuto svolgere per prepararmi al meglio alla competizione. Allo stesso tempo poi devo anche far fronte alle tante sollecitazioni mediatiche che sto ricevendo. Fortunatamente ho l’età e la maturità adatta per poter gestire e valutare a meglio tutte queste nuove proposte. Però tutto sommato grandi progetti per il breve futuro non ce ne sono.
Indaghiamo nel suo mestiere: quale vino ci consiglia?
Nel mio sito internet potete trovare la mia selezione di vini, quindi non ho segreti (sorride n.d.r.). Ovviamente io consiglio e amo i vini di carattere, i vini tradizionali.
Anche io per un periodo mi sono lasciato sedurre da quei vini di cui parlavo prima, i vini piacioni tecnologici, molto facili. Ma poi sono tornato ai vini che in degustazione senza mangiare possono apparire più spigolosi e meno seducenti di quei morbidoni, rotondoni. Vini tradizionali, classici, che però serviti in tavola in abbinamento con piatti fanno la loro bella figura. Io non mi lascio sedurre dal primo sorso, vado a scavarlo in profondità il vino, e cerco sempre il vino che è capace di stare a tavola. Quello è il vino che mi piace, sia da consumatore che da sommelier! In questa ultima veste tendo a consigliare i vini che si abbinano bene ai piatti, e mentre qualche anno fa molti ci lasciavamo affascinare da queste bombe enologiche che stupivano; alla fine poi ci si è resi conto che questi vini non ce la facevano a stare a tavola, dopo il secondo sorso il consumatore era già stanco. Quindi vi suggerisco tipologie di vini classici, tradizionali però con carattere, personalità, ben fatti e ovviamente prodotti senza metodi antiquati o difetti.
Un ultimo spunto personale…
Ultimamente leggevo che alcuni degustatori hanno provato dei vini in cartone e non sono riusciti a capire che era vino in cartone di qualità molto di base. Bisogna sempre degustare alla ceca, per evitare il pregiudizio.
Però bisogna degustare non alla ceca per concentrarsi solo sulla ricerca di che vino è. In quanto perche quello, in generale, l’etichetta ci fornisce tutte le informazione. Ma quando si degusta alla ceca, bisogna cercare di capire la sua qualità del vino, quest’ultima purtroppo l’etichetta non ce la identifica. Capire ed apprezzare le qualità del vino è un elemento necessario per un buon degustatore.

Posted by Guglielmo Pulcini, direttore de "L'Impatto settimanale"

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